Arte e spettacoli, Comunicati, Spazi Sociali
18-05-2020
SBLOCK! - Street Jam
di
Sabato 30 maggio continuiamo a riappropriarci degli spazi, anche nell'emergenze

Mascherina e guanti, i writers li usano a priori.
Stiamo in strada e nel giardino, all'aria aperta, perché continuiamo a riappropriarci degli spazi, anche nell'emergenze.
Sabato 30 maggio 2020 dalla mattina ci troviamo con chi ha sempre vissuto tra strada e irregolarità.
E per chi non può venire diretta delle resident crew!
Perché siamo stanchi di stare senza musica.
Reale e virtuale:
SBLOCK! Street Jam - graffiti e skateboard
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Nell'ultimo decennio il sistema mainstream dell'arte, ormai saturo di idee e novità, riconoscibile esclusivamente nello status symbol e quindi alla ricerca costante di consenso e capitali, ha iniziato ad impossessarsi del writing e della street art, sfidandone la natura effimera e libera, e sfruttandone il contesto ribelle ma ad ampio consenso: la strada.
Nel lontano 2007 la mostra STREET ART SWEET ART al PAC dichiarava: “[...] Considerata per anni un semplice prodotto per la cultura di massa, la tradizione del graffitismo, del writing e della street art nel senso più allargato, è arrivata a irrompere con forza sulla scena artistica “ufficiale”, il che poteva sembrare una scelta avanguardistica, in cui una cultura underground, venendo esposta in un luogo istituzionale vedere la propria rivalsa su una società escludente e repressiva; rivelandosi, invece, il punto di inizio dello snaturamento e capitalizzazione del writing e della street art."
Con il passare degli anni l'economia verticistica sempre più aggressiva nel contesto cosiddetto “Pubblico” basata sulle strategie di marketing attraverso i social, ha imposto un maggiore controllo del gusto che determina ciò che è legale o no, decoroso o indecoroso, ma anche la volontà di cancellare: la possibilità da parte degli artisti di proporre qualcosa di nuovo (in quanto non è più in mano loro il concetto di opera d'arte) e la libertà semantica dell'immagine, prediligendo argomenti politicamente corretti e spicci nella loro comprensione.
Il sistema dell'arte contemporanea “istituzionalizzata” e glamour sta dettando le sue regole, ricattando con la fama la sua libera espressione; ad esempio vediamo comparire le “star” e il graffittaro/street artist trasformarsi in artista “quotato” sussunto dalle regole del mercato a scapito dell'innovazione culturale e artistica, sfruttando anche la sua illegalità (basta pensare a mostre come Bansky e co creata per “salvare (le opere) dalla demolizione e preservarle dall'ingiuria del tempo”; snaturando, quindi, ciò che dice di salvaguardare rendendo l'immaginario underground mercificabile in modo revivalistico a uno “stile di vita”.
Oggi, in una modalità tutta italiana, si utilizzano i muri per giustificare la mercificazione di interi quartieri in fase di gentrificazione; si mercificano i muri stessi come opere e come scenografie e si spinge a mercificare la personalità degli artisti e l'illusorietà della “strada”. Lo dimostrano i continui set fotografici e cinematografici che sfruttano i muri adiacenti agli spazi occupati, nell'assoluta noncuranza di chi li ha fatti; lo dimostrano i palazzi d'élite che sfruttano il contesto “underground”; lo dimostrano i tour e le frasi di critici “militanti” improvvisati, tipo: “per i leoncavallini del XXI secolo è ormai uso lasciare intonsi i pezzi solo per brevi periodi e “scialbarli” di pittura bianca dopo poco”, o i numerosi “purtroppo non ci saranno più” dei vari blog di categoria.
Ci fa arrabbiare così tanto questo sfruttamento commerciale, che ci fa venire voglia, in qualità di unico atto politico di rottura con esso, di ingrigire questi nostri muri che Milano non vuole, ma nello stesso tempo sfrutta, così come ha fatto Blu per salvaguardare se stesso e la propria arte a Bologna. Così ci ritroviamo a scegliere tra l'indignazione e la nostra natura: la complessa storia che i muri del Leoncavallo vogliono raccontare e il modo in cui gli street artist e i writers sono costretti a scegliere tra le regole del sistema e quello che realmente vorrebbero raccontare. Abbiamo deciso per la nostra essenza: continueremo a difendere la veridicità dell'arte e della sua pratica, in strada, occupandola, divertendoci e rinnovandoci. Continuando a lottare per la libertà contro la schiavitù della mercificazione, per la libera circolazione delle persone e delle idee...