29-07-2021
Considerazioni da Genova
di
Riflessioni emerse dalla nostra partecipazione al presidio per il ventennale del G8 a Genova

SCOGLIERE INSORMONTABILI
20 Luglio 2021, piazza Alimonda, ore 18:00 circa; il presidio in piazza si rompe: chi resta "ufficialmente" e chi parte in corteo (al grido "Corteo! Corteo!"). La divisione è stato un segno emblematico delle continue difficoltà a dialogare tra le tante collettività e singolarità partecipanti: non possiamo permetterci di "disseminare" la protesta e non dobbiamo permettere (a nessunx) di "privatizzarne" i contenuti e la loro espressione e dimostrazione. Pretendere di avere l'esclusiva della storia è un male che continua a perpetrarsi tra realtà e Movimenti che dimostrano di non riuscire ancora (o non riuscire più?) a dialogare e portare avanti un percorso necessariamente comune e condiviso.
L'unità e la coesione dell'insorgenza contro il G8 del 2001 si è sparpagliata ed indebolita e nemmeno l'affetto e la rabbia per i/le compagnx cadutx sono capaci di riunirci e compattarci.
SALTO DI GENERAZIONI: CHI NEL 2001 NON C'ERA
Comprendere oggi le motivazioni, gli antefatti e le conseguenze del G8 di Genova, è un passo necessario per la lettura, e la contestazione, del presente. L'escalation neoliberista che non si è riuscita a contenere vent'anni fa, oggi ci sta facendo pagare la vita un prezzo altissimo ormai incolmabile, costringendoci a sprofondare tuttx in una catastrofe sociale, politica ed ambientale.
I nuovi Movimenti (ma non solo) a vent'anni di distanza si allineano alle Idee di Genova proponendo quelle tematiche giustamente attualizzate: la rilettura e la ricerca di senso riguardo l'uccisione di Carlo Giuliani e la spietata repressione poliziesca, declinate al panorama attuale, sono state rielaborate e ri-connesse nei percorsi di lotta, attuali e globali, contro il capitalismo, la colonizzazione finanziaria e l'imperialismo.
Affrontare questi tipi di percorsi è possibile solo attraverso una radicale lettura dei fatti e delle proprie azioni per arginare le troppe contraddizioni con le quali dobbiamo fare i conti. Ogni aspetto auto-organizzato (comunicazione, sicurezza, accoglienza, divertimento) che ha contraddistinto il contro-G8, oggi è stato assorbito ed uniformato dai nuovi settori di ricerca e sviluppo del mondo neoliberista (comunicazione, sicurezza, accoglienza, divertimento).
L'intromissione della tecnologia nelle nostre vite ha innescato un profondo cambiamento delle dinamiche sociali: ciò che prima e stato possibile solo con un lavoro complesso e multidisciplinare, oggi attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, diventa semplice e veloce, omologato e spiccio; il prezzo della comodità è una lenta ma costante uniformazione dell'espressione, della creatività ed infine delle Particolarità che ci compongono e uniscono.
SOGNI INFRANTI
Racconto di un fatto: Cisco (ex frontman storico dei Modena City Ramblers) e band suonano vecchie canzoni dal palco di piazza Alimonda, alla fine si aggiunge il cameo di Manu Chao che canta in acustico "Clandestino". Un eco che arriva davvero da quei giorni, in cui le loro canzoni erano davvero nella colonna sonora del Movimento, ma che non risponde alla "chiamata di Carlo Giuliani" se non in maniera fredda e professionale.
Tra i pochi applausi finali si è alzato il coro: "Carlo è vivo ..." quasi a chiedere a quei "beniamini" di dare un segno (più forte) della loro partecipazione alla causa: un applauso sarebbe stato abbastanza ma invece saluti veloci e distacco.
Cisco in una recente intervista su La7 dichiarava le "eccessive" responsabilità politiche dei MCR rispetto ad un pubblico già vent'anni fa impreparato alla loro musica (?!).
Manu Chao il giorno seguente (Mercoledì 21 ) avrebbe suonato a Genova, un concerto sold-out, in perfetta linea con le disposizioni socio-sanitarie vigenti.
La musica cambia: autori, reporter e menestrelli della Sinistra, eterni presenti o rare eccezioni, ribadiscono quanto le Idee (di Genova e non solo) per essere divulgate devono sottostare al "consenso" e compiacere i padroni.
L'operazione di facciata smaschera ancora una volta quegli "artisti" che in fin dei conti non sono liberi e, dopo una certa età, ricalcano il proprio stereotipo all'apice della carriera.
Non ci può essere però uno "stereotipo politico" e l'impressione è che in piazza, chi in un modo chi in un altro preferisca rappresentare se stesso invece che esprimere un'opinione, mille parole sintetizzate in "Io c'ero".
IL DIRITTO INDISSOLUBILE DI MANIFESTARE
La "cura" (di cui tanto si sta parlando) per noi sta nell'organizzarsi, nel sondare ogni possibile scenario e soggetto con cui avere a che fare per non cadere in contraddizioni etiche e per tutelare e garantire la partecipabilità ed il coinvolgimento a chiunque. Troviamo non sia stato così: in corteo si è fin da subito delineata ed imposta un'intenzione aggressiva che ha trasmesso più tensione che sicurezza. La raffigurazione crea una scenografia raffazzonata di quello che sono state le mobilitazioni del 2001 nello "spettacolo" delle proteste globali di oggi.
Una storia che abbiamo contribuito tuttx a realizzare non può soffrire i protagonismi di “attori” con cui fatichiamo ad immedesimarci e non può venire raccontata solo da parole "stanche”, frutto di un recupero superficiale ed una spettacolarizzazione della memoria storica collettiva.
La paura che permea l'aria di Genova dal 2001 ad oggi si è propagata in un corteo celebrativo e non rivendicativo, mettendo in discussione la voglia individuale a parteciparvi.
SEGNI DI RICONOSCIMENTO: MODA E NUMERI DI IDENTIFICAZIONE
Il fattore "costume" sta prendendo il sopravvento sui contenuti da esprimere (un fenomeno in continua ascesa riscontrabile in ogni classe sociale, gruppo d'appartenenza e di attitudine, a partire dalla necessità di apparire e mostrare, invece che essere e comunicare): l'immagine è diventata il veicolo non solo preferenziale ma irrinunciabile per esprimersi.
Il lavoro che era di costruzione di un argomento è diventato di costruzione di un'immagine, con tutte le agevolazioni/omologazioni che le nuove tecnologie propongono; dichiarare il proprio qui ed ora è parafrasare la partecipazione attiva, falsando la realtà attraverso il filtro più rappresentativo del momento. Si scimmiottano le forme per ri-creare e condividere tutto quello che è capace di rendere al pubblico dei media un immaginario riconoscibile in cui allinearsi.
Vent'anni fa si è gridato e denunciato il Capitalismo e le sue vesti oggi ci siamo trovati in una piazza “velata” dai suoi costumi e non denudata dei suoi orpelli. Trasformare l'ideale di una bandiera in logo (commerciale) è cadere preda di uno dei meccanismi del capitalismo biologicamente più profondi e perturbanti.
Di ben altro “vestire” parliamo in merito alle forze dell'ordine e militari che non hanno ancora un numero di identificazione: il lento abbandono che questa battaglia sta vivendo è segno di quanto l'esteriorità confonda l'attenzione di chi la repressione l'ha subita a Genova nel 2001 e continua a subirla, nel gioco perverso della polizia nel quale a pagare sono troppo spesso innocentx, malcapitatx e poverx.
Lo Stato che con un ritardo di 16 anni condanna le torture alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto ha subìto esso stesso diverse condanne, da parte della Commissione Europea dei Diritti Umani e di numerose ONG, non esclusivamente sul reato di tortura ma sulla mancanza di leggi e normative adeguate (2017). Non è bastato l'assassinio di Carlo e l'illecita violenza di quei giorni per piegare il meccanismo garantista e protezionista che rende il braccio armato dello Stato ancora oggi superiore all'etica della giustizia e violento e repressivo verso la comunità.