02-04-2020
L’UNICA GUERRA CHE SI COMBATTE RESTANDO A CASA SOTTO LE COPERTE!
di
In questi giorni di stipendio gli italiani dovranno fare i conti con le proprie tasche

Negli ultimi, infausti, tempi si parla tanto di necessità, di guanti e mascherine, di regole e di guerra.
È passato il 27 del mese ed in questi giorni di stipendio gli italiani dovranno fare i conti con le proprie tasche.
Lo Stato ha scelto, finora, quali sono le sue necessità, ora dovrà vedersela con le necessità individuali che vanno da chi non ha più un soldo, poiché per un mese non ha lavorato, a chi comunque se la passa bene e attraverso i social ci urla che siamo in guerra, ma intanto al supermercato si prende i tortellini perché non ha voglia di cucinare.
Gli operai, i trasportatori, i magazzinieri legati alla produzione di tortellini, ci sono necessari all'emergenza? Per la prima volta nella storia ci sono i supermercati durante una “guerra”. Per la prima volta si “combatte” restando a casa senza nessuna arma bellica.
#iorestoacasa riecheggia sugli schermi di tutti; #stiamouniti ce lo ripetono addirittura in televisione le pubblicità: ma uniti secondo quale parametro?
Come si fa ad essere uniti, quando lo Stato e i ben pensanti si sono dimenticati sia degli ultimi (migranti, disabili, bambini, carcerati, operai, disoccupati ecc), sia dei primi (personale sanitario, addetti alle pulizie senza le protezioni necessarie)?
Si è scelto per il consumatore e non per la salute dell'individuo. Addirittura hanno rinchiuso l'individuo con un ricatto etico, affidandogli le responsabilità delle istituzioni.
E dopo più di tre settimane di auto-reclusione le persone che sono dentro non sanno più cosa c'è fuori. Ad esempio i milanesi non sanno che la 90 trasporta sempre la stessa gente; che per le strade ci sono le risse; che c'è un'enorme quantità di forze dell’ordine che fino a qualche giorno fa non avevano nemmeno le mascherine, dotati di armi che non possono sparare sul “nemico”. Uno stato di controllo che, invece di fare tamponi, ti scheda, vuole vedere cosa fai, chi sei e dove vai, invocando il rispetto delle regole.
Non abbiamo mai sentito parlare di regole così spesso come negli ultimi tempi, soprattutto non abbiamo mai visto tanti cittadini essere così presenti nell’indicare chi la regola non la rispetta!
La si sta ripetendo così tanto, la parola “regola”, che ci sta sfuggendo il suo uso. Seguire le regole è sempre stata una scelta personale: una ponderazione sull'equilibrio tra buon senso/logica, punizione/paura e tra le complessità dell'etica.
Facciamo un esempio che può toccare molti: è regola dettata dallo Stato che non si può consumare erba col thc, la marijuana non è legale, quindi se la si consuma, compra o produce si va contro “le regole”. Ogni individuo pondera la propria adesione alla regola, cercando un equilibrio tra la il rischio della pena prevista – l'effetto personale della sostanza – la visione sociale. Quindi, ogni cittadino italiano sceglie se consumare o no marijuana, e se farlo solo e soltanto se accettata come regola (quindi legalizzata) oppure sceglie, per propria soddisfazione, il mercato illegale (non-accettato).
Quando una regola va contro il nostro buon senso, le andiamo contro, pur rischiando la pena. Perché le regole in una società sono tante: ci sono le regole del dovere e le regole del diritto. E oggi sembra che ognuno ha il dovere di non contagiare, ma, da come ci dimostrano le soluzioni dello Stato, ognuno ha il diritto di essere o no contagiato. Abbiamo diritto come consumatori di essere contagiati recandoci al supermercato; i lavoratori hanno il diritto di contagiarsi quindi le protezioni sono una condizione individuale; non abbiamo diritto a un reddito, quindi non abbiamo diritto all'uguaglianza e non abbiamo diritto a una vita dignitosa nella quarantena. Abbiamo il dovere del non-movimento ma non abbiamo diritto alla privacy; abbiamo il dovere di pensare ai morti e agli ospedali ma non abbiamo diritto a sapere quanti sono asintomatici; abbiamo il dovere di produrre ma non abbiamo il diritto di scegliere come comportarci riguardo la nostra salute; abbiamo il dovere di soddisfare la fame ma non abbiamo diritto e i mezzi per soddisfarla.
#andràtuttobene ma l'Italia si sta spaccando nelle sue contraddizioni.
Dopo anni di liberismo, di decaduta culturale, di consumismo come legante della massa, stiamo finalmente vedendo cadere l'illusione dell'uguaglianza della democrazia moderna. Non siamo più nel dopo guerra eppure le differenze di classe esistono ancora. Perché ora iniziano i conti ed è finito il tempo delle cose facili; ora l'adesione alla regola vacilla tra la nostra sopravvivenza e l'ingiustizia.
Mentre noi iniziamo ad essere insofferenti, di spazio, di soldi e di fame, in Italia c'è un altro virus, che miete un altrettanto numero di vittime, ed è la Mafia, a cui questa emergenza (con la conseguente crisi economica e malcontento sociale) sta arando il terreno. La Mafia è sempre pronta a intervenire lì dove lo Stato manca e dove lo Stato permette: si inizia già a parlare di usurai e istigazione all'assalto dei supermercati (nel Sud), mentre nel Nord (dove la mafia si muove maggiormente nel campo economico e imprenditoriale e dov'è storicamente connessa al centro-destra) la probabile chiusura di molte attività e di molti investimenti data dalla crisi, vedrà l'ennesima ottima occasione per estendere i propri profitti e il proprio potere. Allo stesso modo la gestione fortemente autoritaria dei controlli sta portando ad un comportamento chiaramente fascista da parte, non solo del potere esercitato dalle autorità, ma anche dai singoli cittadini, psicologicamente stremati dalla paura e dalla quarantena.
Se si dovesse scegliere tra contro il covid19 o contro la mafia e il fascismo, pur a rischio della nostra incolumità sappiamo bene contro chi andare.
To be continued...