19-07-2021
Genova 2001-2021
di
Vent'anni fa a Genova fu creata una "zona rossa"...

Zona rossa.
Vent'anni fa a Genova, per consentire lo svolgimento del G8, fu creata una "zona rossa", una frontiera politica invalicabile, strategia militare di isolamento e contenimento allo stesso tempo.
I media nazionali ed internazionali, in quei giorni, hanno portato questo termine, "zona rossa" nel linguaggio comune, imponendo l'idea di preservazione del potere costituito, avvallandone e legittimandone la costituzione e l'efficacia nel mantenere l'ordine sociale ad ogni condizione.
Ciò che ne è seguito lo conosciamo tuttx fortunatamente anche attraverso la vasta narrazione "alternativa" realizzata durante quelle giornate.
Ci viene immediato confrontare, proprio all'alba del ventesimo anno dal 2001, quella "zona rossa" con le "zone rosse" di oggi, imposte per contenere una pandemia e non un movimento sociale. L'istituzione dei confini sanitari e del cosiddetto "controllo sociale" ha di fatto attualizzato l'esperimento di Genova amplificandolo su scala nazionale, anzi addirittura mondiale.
L'istituzione di zone off-limits, il presidio costante da parte di esercito e forze dell'ordine e le "restrizioni imposte dalla pandemia" (e non dallo Stato garante) hanno riscontrato, al contrario dell'antesignana zona rossa di Genova, consenso ed assenso generalizzato da parte della maggioranza della popolazione.
Mettere le due Zone a confronto evidenzia quanto il livello di tolleranza si sia alzato e generalizzato, fino a sopportare e condividere pratiche ed atteggiamenti la cui contraddittorietà era già contestata da prima del 2001.
Sudditi consumatori.
La travolgente ascesa del neoliberismo e la simultanea e conseguente disseminazione del corpo fisico (e in lotta) in un mondo forse più ampio ma di certo più dispari, è essa stessa una delle creazioni più perverse partorite dagli esponenti dei vari forum economici, affaristici e geopolitici precedenti e successivi al G8 di Genova. La deriva dello Stato Sociale, del lavoro (e di tutte le strutture sociali ad esso connesse e generate, non ultima la contestazione operaia), l'omologazione e la semplificazione dei diritti (individuali e collettivi) hanno trovato, nello spirito di questo tempo, un alleato invece che un oppositore: la globalizzazione è diventata sociale, comportamentista e spregiudicata contro l'individuo.
A Genova si è provato ad avanzare un'altra via alla globalizzazione ed al neoliberismo che oggi, vent'anni dopo, non solo si è malinconicamente arenata ma le sue forme sono state snaturate al punto da venire sussunte e scimmiottate dalla politica e soprattutto da quella politica liberal contro cui si è costituita la Contestazione.
La comunicazione alternativa e la pratica autonoma di oggi vivono una fase involutiva se comparata al passato del Movimento, affamata di braccia e di sogni.
I social network hanno soppiantato la controinformazione con la comodità e la semplificazione, svuotando di argomentazioni i contenuti del lavoro di una moltitudine e dando invece voce ad un chiacchiericcio incontrollato e sempre più vacuo. Le piattaforme digitali usate oggi per comunicare hanno stravolto e schiavizzato gli/le utentx creando un nuovo soggetto consumatore, quell'individuo che abbiamo descritto come "disseminato" il cui messaggio, qualsiasi esso sia, perde costantemente senso e spessore: si trasforma in capitale, in pubblicità, in rifiuto inquinante, alimentando la filiera tentacolare del capitalismo globale a scapito della solidità dei contenuti.
Se il Black Lives Matter è stato insignito del titolo di "opera d'arte" più rappresentativa del 2020, facendoci riscontrare la povertà di senso con cui viene letto, vissuto ed interpretato, non possiamo oggi non farci domande sul senso di essere a Genova vent'anni dopo.
La narrazione dei giorni di Genova è stata interrotta con la forza e corrotta fino a destabilizzare il senso compiuto dei fatti: questa frattura nella memoria collettiva sta causando un danno che se perpetrato ci condurrà in un mondo in cui la storia sarà irrimediabilmente fuorviata e strumentalizzata.
C'eravamo, insieme a 300.000 persone, dedicando tempo, forza, gioia e rabbia nella costruzione dell'opposizione sociale di quei giorni; ci siamo per Carlo Giuliani, come ogni anno da venti, Ragazzo trucidato con lucidità e legittimità dal braccio fascista dello Stato; ci saremo finché sarà necessario, per riconnettere quei fili che la repressione del 2001 ha, forse ormai irrimediabilmente, spezzato.